Il Parco archeologico di Castelseprio è una delle più significative testimonianze dell’Alto Medioevo nell’Italia settentrionale, è costituito dai ruderi dell’omoninma chiesa di Santa Maria Foris Portas. Istituito negli anni cinquanta, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2011.
Gli scavi hanno evidenziato una frequentazione del luogo a partire dall’età pre- e protostorica, con una necropoli dell’Età del ferro di matrice insubre presso l’attuale chiesa di S. Maria foris portas. La fondazione del castrum Sibrium sembra risalire al IV-V secolo in relazione a una linea difensiva contro le grandi migrazioni di popoli germanici. Il luogo si trovava inoltre all’incrocio dei fascio di strade della direttrice Como-Novara.
Durante l’età bizantina e longobarda, Castel Seprio viene ricordato come civitas, cioè come centro di un ampio distretto territoriale. Tarde fonti ravennati come Geografo Guidone e l’Anonimo Ravennate riportano la dicitura Sibrie o Sibrium, alla latina, per rendere il fonema Séverum. In età carolingia, si costituì il Contado del Seprio.
Tra il 1285 e il 1287 l’insediamento venne completamente raso al suolo ad opera dei milanesi durante la lotta contro i Torriani. L’arcivescovo di Milano Ottone Visconti ne decretò il perpetuo abbandono, ad eccezione delle chiese, che vennero officiate fino al XVII secolo. L’interesse degli eruditi milanesi per questo luogo storico si fece vivo sin dal XIV secolo. Nel 1339 Galvano Fiamma cita che nel Monastero di Torba fu rinvenuta la tomba di un re longobardo. Nel XV secolo fu Ciriaco Pizzicolli a effettuare la trascrizione di alcune lapidi romane inserite nelle murature superstiti.
La piccola chiesa di Santa Maria Foris Portas, situata, come annunciato dal toponimo, all’esterno del castrum, è di difficile datazione, situata genericamente tra VII e IX secolo. Sebbene edificata con materiali poveri e rinvenuti in zona, quali ciottoli di fiume, l’architettura è assai raffinata e mostra forti influenze mediorientali. L’edificio ha infatti una pianta a trifoglio, non comune in occidente, preceduta da un atrio più volte rimaneggiato.
Nel 1944, sotto uno strato d’intonaco quattrocentesco, venne scoperto un ciclo di affreschi che continua ad essere un vero e proprio giallo, a causa della sua unicità. Vi sono rappresentate Storie dell’Infanzia di Cristo tratte dai Vangeli Apocrifi, una fonte usata in Oriente. La straordinaria libertà nelle composizioni, l’uso di uno spazio illusionistico e scenografico, insieme alle figure allungate ed eleganti e ad una tecnica rapida, di grande freschezza, ci riportano ad un’atmosfera anticheggiante, densa di ricordi classici: è come se un’epoca sepolta da tempo rinverdisse di colpo.
Gli studiosi hanno così pensato che l’autore possa essere un artista bizantino, ma mentre alcuni collocano l’esecuzione in epoca carolingia (IX secolo), quando la corte di Carlo Magno promosse un revival classicheggiante, altri la arretrano addirittura al VII secolo